Guida al monitoraggio civico – Tema: Inclusione Sociale

Linee di indirizzo strategico dell’Accordo di Partenariato 2014-2020

Con la Strategia EU2020, l’Unione Europea intende perseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Con essa si riconosce l’intimo legame tra politiche economiche e politiche sociali, ponendo al centro dell’attenzione del policy maker la lotta alla povertà ed alla esclusione sociale, in particolare fissando un target di riduzione di 20 milioni del numero di persone in condizioni di povertà ed esclusione sociale, entro il 2020 per l’Unione nel suo insieme. L’obiettivo europeo è definito sulla base di tre indicatori: proporzione di persone a rischio di povertà (dopo i trasferimenti sociali); proporzione di persone in situazione di grave deprivazione materiale; proporzione di persone che vivono in famiglie a intensità lavorativa molto bassa. 

Rispetto agli altri Paesi europei, la grave deprivazione materiale risulta particolarmente accentuata nel nostro Paese: rispetto alla media EU27 del 10,2 per cento, il dato italiano del 2012 è del 14,5 per cento, essendo più che raddoppiato rispetto al 2010 e aumentato del 3,2 per cento rispetto al 2011. L’incremento risulta tra i più significativi in Europa insieme a quello fatto registrare da Grecia e Cipro[1]

Un fattore di grande rilevanza nella determinazione del rischio di povertà è il dato anagrafico; il nostro Paese si colloca infatti tra i paesi a più alta incidenza del rischio di povertà minorile (26,6 per cento, rispetto ad una media UE del 21,2 per cento). Va inoltre rilevato che l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa privo di una misura di protezione del reddito di ultima istanza. Con riferimento alla bassa intensità di lavoro, il dato italiano è in linea con la media comunitaria (10 per cento circa). Tuttavia, la non elevata incidenza delle famiglie a bassa intensità di lavoro, pur a fronte di alti tassi di disoccupazione individuale, riflette in parte un modello familiare di partecipazione al mercato del lavoro incentrato sul ruolo del capofamiglia maschio e si accompagna pertanto con tassi di occupazione e di partecipazione femminile tra i più bassi d’Europa. Ad essi si associa una scarsa diffusione dei servizi di cura; in particolare, con riferimento ai servizi per l’infanzia, il tasso di copertura della popolazione tra zero e due anni[2], con riferimento all’anno 2011, è dell’11,8 per cento, in crescita rispetto al biennio precedente (era 10,4 per cento nel 2009), ma pur sempre molto lontano, in particolare nel Mezzogiorno, dagli obiettivi fissati dieci anni fa nell’ambito della Strategia di Lisbona. 

Più in generale, alla alta proporzione di famiglie in condizione di deprivazione materiale e di esclusione lavorativa, si associa una estrema eterogeneità nella diffusione dei servizi sul territorio cui corrisponde una elevata sperequazione della spesa sociale, che va da 300 euro procapite nelle Provincia autonoma di Trento a 25 euro nella Regione Calabria, con il Sud che spende in media circa un terzo del Nord. In questo contesto, il confronto partenariale ha molto evidenziato come carenza prioritaria della politica ordinaria la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione, devono essere garantiti uniformemente su tutto il territorio nazionale. Evidentemente non è compito o possibilità della programmazione 2014-2020 colmare questa mancanza. Tuttavia si presenta l’opportunità di rafforzare i meccanismi e gli strumenti di governance che possono accompagnare quel processo definitorio proprio della politica ordinaria: la piena implementazione di un sistema informativo dei servizi e delle prestazioni sociali; la definizione di profili professionali comuni e il rafforzamento delle competenze degli operatori; l’integrazione dei servizi sociali in rete con le altre filiere amministrative (sanità, scuola, servizi per l’impiego); la costruzione di meccanismi di confronto nazionale al fine di assicurare un coordinamento tra i responsabili regionali della programmazione sociale, a partire dall’utilizzo dei fondi nel contesto di cui qui si discute. 

In questo quadro, l’Italia nei propri Programmi Nazionali di Riforma (2011, 2012, 2013) si è posta l’impegno di concorrere all’obiettivo comunitario di contrasto alla povertà, riducendo entro il 2020 di 2,2 milioni le persone che vivono in condizioni di povertà o di esclusione sociale. Al momento dell’annuncio dell’obiettivo nazionale, il Governo italiano ha segnalato di voler concentrare la sua azione sulle persone in condizioni di deprivazione materiale, oltre che su quelle appartenenti a famiglie a bassa intensità di lavoro. 

Con la Programmazione 2014-2020 si intende supportare tale obiettivo attraverso gli orientamenti strategici di seguito descritti.

La maggior parte delle risorse andranno utilizzate nell’ambito della priorità di investimento FSE “inclusione attiva, anche per promuovere le pari opportunità e la partecipazione attiva, e migliorare l’occupabilità”. Al riguardo si condivide l’indicazione del Position Paper della Commissione secondo cui “la lotta all’esclusione sociale e alla povertà rimane una priorità per l’Italia; una porzione consistente delle risorse disponibili deve essere dedicata alla promozione dell’inclusione attiva”. Nell’attuazione di questa priorità si intende operare secondo le seguenti direzioni:  

  1. dedicare un Programma nazionale a supporto della sperimentazione del Sostegno per l’inclusione attiva[3] e delle sue successive evoluzioni tese a definire come livello essenziale una misura nazionale di contrasto alla povertà basata sulla inclusione attiva (Reddito di Inclusione). Il Sostegno per l’inclusione attiva è una misura sperimentale nazionale rivolta alle famiglie in condizione di povertà o esclusione sociale, con particolare riferimento ai nuclei in cui siano presenti minori, fondata sulla erogazione di un sussidio economico, condizionato alla adesione ad un progetto di attivazione e supportato da una rete di servizi (Conditional Cash Transfers). La misura è rivolta ai cittadini italiani o comunitari287 e ai cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Con il Programma Operativo Nazionale andrebbe rafforzata la capacità dei servizi sociali territoriali di prendere in carico i nuclei familiari beneficiari attraverso la predisposizione di progetti personalizzati alla cui adesione risulta condizionata l’erogazione del sussidio economico. Il sussidio economico non è invece a carico del Programma Operativo Nazionale né degli altri Programmi Operativi di cui al presente Accordo di Partenariato. A tale fine, attraverso il Programma, andranno potenziati i servizi sociali professionali per la valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo, i servizi di accompagnamento e le misure di attivazione rivolte ai beneficiari del sussidio economico, senza intervenire sul beneficio passivo a carico del bilancio nazionale. Andrebbe inoltre rafforzata la capacità di operare in rete con le altre Amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l’impiego, tutela della salute e istruzione, nonché di collaborare con soggetti privati attivi nell’ambito degli interventi di contrasto alla povertà, con particolare riferimento agli enti non profit. Tale obiettivo verrà perseguito in collegamento con le attività di rafforzamento della capacità amministrativa, realizzate nell’ambito dell’Obiettivo Tematico 11, nonché con le attività di rafforzamento delle altre filiere di servizi, previste nei relativi Obiettivi Tematici (ad es. l’OT 8 in riferimento a servizi per l’impiego e misure di attivazione, l’OT 10 per l’Istruzione e la formazione). La misura è coerente con la Raccomandazione del 3 ottobre 2008 della Commissione europea sulla cd. “inclusione attiva”, avente ad oggetto una strategia basata su tre pilastri: supporto al reddito adeguato; mercati del lavoro inclusivi; accesso a servizi di qualità[4]. Spetta agli Ambiti territoriali identificare i beneficiari e garantire l’integrazione tra le diverse componenti della misura. Al riguardo, con riferimento alla sperimentazione già in corso, sono state stabilite modalità di colloquio telematico e un’applicazione web per l’inserimento manuale dei dati per la gestione dei flussi informativi tra l’INPS, che gestisce i dispositivi di accredito del sostegno economico sulle carte di pagamento, e i Comuni responsabili della selezione dei beneficiari e della loro presa in carico tramite i servizi sociali, nonché del lavoro in rete con i servizi per l’impiego. La costruzione della rete con i Servizi per l’Impiego e le altre Amministrazioni responsabili dei servizi (scuole, Usl, ecc.), di responsabilità degli Ambiti, sarà supportata dal Programma. Tali scambi di dati consentono l’attuazione di un approccio che integra i tre pilastri dell’inclusione attiva. Il Programma è, inoltre, coerente con quanto richiesto con la proposta di Raccomandazioni per il 2014 (presentata dalla Commissione europea in data 2 giugno) con cui si sollecita “l’estensione graduale del regime pilota di assistenza sociale, senza incidenza sul bilancio, assicurando un’assegnazione mirata, una condizionalità rigorosa e un’applicazione uniforme su tutto il territorio, rafforzandone la correlazione con le misure di attivazione”. Al riguardo, al fine di favorire l’omogeneità territoriale dell’intervento, la programmazione attuativa avverrà tramite la presentazione di proposte progettuali da parte delle Amministrazioni territoriali di Ambito289, sulla base di indirizzi nazionali definiti in collaborazione con le Amministrazioni regionali[5]. Il Programma intende inoltre dedicare una parte di risorse alla sperimentazione di alcuni progetti di innovazione sociale nel settore delle politiche sociali, sottoposti a rigorosa valutazione di impatto; esso interviene anche con azioni di sistema e progetti pilota per definire e promuovere misure rivolte a soggetti a rischio di discriminazione (ad esempio, servizi di sostegno per le vittime di violenza, di tratta e grave sfruttamento; interventi di inclusione attiva per i minori stranieri non accompagnati e in fase di transizione verso l’età adulta e giovani migranti che hanno precedentemente fatto ingresso in Italia come minori stranieri non accompagnati e i richiedenti e titolari di protezione internazionale ed umanitaria). Al riguardo, attraverso il Programma Nazionale si intende coordinare e promuovere lungo linee di indirizzo comuni interventi la cui diffusione sui territori potrà avvenire attraverso i Programmi regionali.
  2. Realizzare, nell’ambito della programmazione regionale, servizi sociali innovativi e interventi di presa in carico multidisciplinare a sostegno dei soggetti particolarmente svantaggiati e dei nuclei familiari multiproblematici, finalizzati al rafforzamento delle abilità sociali e all’inserimento lavorativo. Tali attività saranno realizzate attraverso i Comuni e gli Ambiti territoriali competenti in materia di gestione delle politiche sociali e dovranno coordinarsi con quelle messe in atto sulla base degli indirizzi nazionali limitatamente ai beneficiari del sostegno per l’inclusione attiva. Con riferimento all’inserimento lavorativo e a complemento degli interventi già sopra citati relativamente all’inclusione attiva, nell’ambito di questa priorità vengono considerate tipologie di intervento rivolte ai soggetti maggiormente distanti dal mercato del lavoro, che richiedono azioni ampie e diversificate di inclusione attiva, rimandando all’Obiettivo Tematico 8 la trattazione più generale del tema. In particolare, il criterio di demarcazione rispetto agli interventi rivolti alle persone con difficoltà di inserimento lavorativo nell’ambito dell’OT 8 è il seguente: rientrano nell’ambito dell’OT 8 gli interventi direttamente ed unicamente dedicati all’inserimentoreinserimento lavorativo (anche laddove, come nel caso delle borse lavoro, si accompagnino con incentivi economici), mentre rientrano nell’OT9 gli interventi che richiedono azioni più ampie e diversificate di inclusione attiva (comprensive ad esempio di servizi personalizzati, progetti integrati, misure di accompagnamento sociale da associare al sostegno al reddito finanziato con risorse locali o nazionali ecc.). In questo ambito, trovano attuazione anche gli interventi di inclusione attiva rivolti ai minori stranieri non accompagnati (che potranno prevedere anche specifiche azioni di integrazione socio-lavorativa rivolte ai MSNA in fase di transizione verso l’età adulta e a giovani migranti che hanno precedentemente fatto ingresso in Italia come minori stranieri non accompagnati) e ai richiedenti e titolari di protezione internazionale ed umanitaria, nonché gli interventi rivolti al complesso delle persone fragili che necessitano di una presa in carico da parte dei servizi sociali, indipendentemente dalla cittadinanza. Al riguardo, gli interventi di presa in carico multidisciplinare dovranno tenere conto delle diverse specificità delle persone fragili, comprese quelle dei soggetti svantaggiati provenienti da paesi terzi. Con riferimento alle persone con disabilità, individuate dal Position Paper della Commissione come uno dei target prioritari con riferimento all’integrazione nel mercato del lavoro dei soggetti vulnerabili, verranno trattati nell’ambito di questa priorità gli interventi di politica attiva specificamente rivolti a tale target, nonché gli interventi rivolti alle persone disabili con maggiori fragilità, che richiedono una presa in carico più ampia. Sono, invece, trattate nell’ambito dell’OT 8 la generalità delle misure, rivolte in modo indiscriminato anche alle persone con disabilità. Nelle diverse aree rurali si pone altresì una forte esigenza di intervento per l’inclusione sociale sotto il profilo dell’inserimento lavorativo di fasce svantaggiate o a rischio emarginazione, o a rischio di sfruttamento conseguente alle condizioni di lavoro irregolare che riguardano in particolare i lavoratori migranti. Per l’inserimento lavorativo andrebbero utilizzate, con il concorso del FSE, forme quali borse lavoro, tirocini, ecc. da svolgere in aziende agricole o cooperative sociali agricole; il sostegno di interventi a favore di giovani che gestiscono terreni confiscati alle mafie e/o terreni pubblici; 
  3. promuovere interventi di inclusione attiva realizzati attraverso il rafforzamento dell’economia sociale e la promozione della responsabilità sociale di impresa. Nel quadro di frammentazione della politica ordinaria di cui si dirà più oltre, va positivamente sottolineata una forte caratterizzazione del nostro Paese, anche nelle aree in cui i servizi sono meno sviluppati, per il ruolo che svolge il terzo settore nel contribuire, con interventi spesso innovativi a volte anche sostitutivi dell’intervento pubblico, a migliorare la coesione sociale dei territori e offrire al contempo occasioni di occupazione. Assume pertanto rilievo strategico il consolidamento e il rafforzamento della economia sociale, in coerenza peraltro con gli orientamenti espressi dalla Commissione nel “Social Investment Package” sulla necessità di complementare l’azione pubblica con risorse private e del terzo settore, nonché con le indicazioni del Position Paper in merito alla promozione delle imprese sociali e in particolare alla creazione di nuove imprese nel settore sociale e sanitario. ll rafforzamento dell’economia sociale viene considerato strumentale rispetto alla priorità relativa all’inclusione attiva, alla luce della rilevanza del ruolo che svolge in Italia per favorire l’inclusione, in particolare l’inclusione attiva delle categorie maggiormente fragili, migliorare la coesione sociale

dei territori ed offrire al contempo occasioni di occupazione. Si è inteso pertanto perseguire tale obiettivo nell’ambito di questa priorità, anziché nella priorità ad esso dedicata nel Regolamento. Andranno realizzati interventi volti ad aumentare le attività economiche a contenuto sociale, rafforzate le attività delle imprese sociali di inserimento lavorativo e realizzate attività di rete e di promozione di un’azione amministrativa socialmente responsabile. Il FESR contribuirà a sostenere le attività economiche a contenuto sociale nel quadro dell’OT 3 (si veda in proposito il risultato 3.7 “Diffusione e rafforzamento delle attività economiche a contenuto sociale”). Per ciò che riguarda l’uso delle aziende agricole per diverse forme di agricoltura sociale, la strategia di intervento dovrà coinvolgere in primo luogo quelle realtà aziendali produttive per il mercato, che operano in collaborazione con le istituzioni socio-sanitarie competenti per territorio. In secondo luogo, andranno coinvolte anche le strutture terapeutiche riabilitative, socio-sanitarie e socio-assistenziali che utilizzano l’attività agricola a fini di riabilitazione, terapia, cura e intervento sociale. Naturalmente, l’intervento FEASR si concentrerà sulle aziende agricole, mentre gli altri Fondi interverranno sulle seconde e/o sulle azioni formative e di aggiornamento necessarie agli operatori sui temi dell’agricoltura sociale e dell’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati. Gli interventi saranno realizzati nell’ambito della programmazione regionale, ad esclusione degli interventi promozionali e di creazione di reti, che hanno il carattere di azioni di sistema, che verranno realizzati nell’ambito del Programma Nazionale di inclusione sociale.

Le tipologie di intervento sopra richiamate sono coerenti con l’indicazione del Position Paper della Commissione in merito alla necessità – al fine di ridurre il numero delle persone a rischio povertà e esclusione – di adottare “strategie integrate e globali per l’inclusione attiva (inclusive di politiche atte a favorire il mercato del lavoro attivo e l’accesso a servizi personalizzati) per aiutare le persone a rischio ad accedere o reinserirsi nel mondo lavoro o a ricevere ulteriore formazione”, nonché con l’obiettivo di rafforzare le competenze sociali e le risorse personali necessarie a favorire la partecipazione attiva.

Per quanto riguarda il ritardo, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, nella costruzione di un’adeguata infrastruttura di offerta dei servizi – con riferimento alle priorità di investimento FSE “un migliore accesso a servizi accessibili, sostenibili e di qualità, compresi i servizi sociali e cure sanitarie d’interesse generale” e FESR “investimenti nell’infrastruttura sanitaria e sociale che contribuiscano allo sviluppo nazionale, regionale e locale, la riduzione delle disparità nelle condizioni sanitarie e il passaggio dai servizi istituzionali ai servizi locali” – si intende operare lungo le direttrici di seguito indicate:

  • migliore qualità e accessibilità dei servizi di cura rivolti a persone con limitazioni dell’autonomia e dei servizi socio-educativi per l’infanzia, in linea con quanto espresso nel Position Paper. Tali servizi sono stati oggetto sia di un impegno nell’ambito del PNR italiano, volto a favorire la conciliazione tra lavoro e cura, sia delle Raccomandazioni del Consiglio all’Italia laddove si richiedono ulteriori azioni volte ad incentivare la partecipazione femminile al mercato del lavoro, in particolare attraverso il rafforzamento dei servizi socio educativi per l’infanzia e di cura degli anziani non autosufficienti (CSR 6/2012). Da ultimo, ed in coerenza con le raccomandazioni degli anni precedenti, i servizi di assistenza personale e per l’infanzia sono stati oggetto della già citata Raccomandazione specifica n.4 “ridurre i disincentivi finanziari che scoraggiano dal lavorare le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare e migliorare l’offerta di servizi di assistenza alla persona e di doposcuola”. Al riguardo, si sottolinea il ruolo dei servizi di cura che, oltre a sostenere il benessere dei beneficiari,  anche in riferimento allo sviluppo socio educativo ai minori (prospettiva peraltro ripresa nel “Social Investment Package”), ha l’effetto diretto di creazione di posti di lavoro, anche a prescindere dalla loro funzione di strumenti di conciliazione.

In questo ambito si prevedono interventi del FESR con riferimento alle infrastrutture e del FSE con riferimento al sostegno alla domanda di servizi e alla sperimentazione di modelli organizzativi e gestionali innovativi, oltre che di modelli innovativi di supporto alla genitorialità, nella logica, presente anche nel “Social Investment Package”, di investire nella innovazione sociale;

  • potenziamento della rete infrastrutturale di servizi socio-sanitari e sanitari non ospedalieri (tramite il FESR) e dell’offerta di servizi sociosanitari, nella logica di una più efficace gestione complessiva delle risorse, evitando di scaricare su costosi interventi sanitari l’assenza di strutture per interventi sanitari e socio-sanitari di base. In questo contesto, a fronte della riorganizzazione in atto del sistema sanitario per garantirne la sostenibilità economica, ad esempio concentrando nei grandi centri le funzioni specialistiche, riducendo i ricoveri inappropriati ed evitando lo svolgimento di funzioni improprie (con riferimento a bisogni sociali o socio sanitari), si intendono realizzare interventi volti a garantire servizi di prossimità di base nel settore socio sanitario e favorire percorsi di deospedalizzazione, con particolare riferimento ai piccoli centri e alle aree interne e rurali. Si tratta di interventi marginali rispetto alla struttura complessiva del Sistema sanitario regionale, ma che possono risultare rilevanti dal punto di vista della infrastrutturazione socio sanitaria dei singoli territori[6]. Si intende, in questo contesto, potenziare i servizi sanitari territoriali non ospedalieri e favorire la riorganizzazione della rete del cosiddetto welfare d’accesso con il supporto del FESR, anche alla luce dell’opportunità offerta dalla riorganizzazione in atto di recuperare le strutture esistenti ridefinendone l’utilizzo. Gli interventi cofinanziati dal FESR saranno realizzati nelle regioni meno sviluppate e in transizione; nelle regioni più sviluppate saranno realizzati limitatamente alle aree interne e rurali; in ogni caso, gli interventi saranno identificati e giustificati sulla base di una mappatura delle esigenze infrastrutturali esistenti e a lungo termine. Il rafforzamento del sistema dei servizi nella logica della integrazione degli interventi e della presa in carico multidisciplinare, richiede inoltre un investimento finalizzato ad una migliore caratterizzazione e qualificazione delle figure professionali che operano nelle politiche sociali, curando i pertinenti collegamenti con il più ampio tema dell’individuazione degli standard formativi, professionali e di riconoscimento e certificazione delle competenze trattato nell’OT11 e dell’aggiornamento delle competenze trattato nell’OT10. In questo ambito si prevedono interventi del FSE;
    • interventi infrastrutturali cofinanziati dal FESR, con particolare riferimento alle realtà metropolitane, di potenziamento del patrimonio pubblico esistente per incrementare la disponibilità di alloggi sociali e servizi abitativi per categorie con particolari fragilità sociali ed economiche[7]. Dove possibile, l’identificazione delle aree geografiche coperte da suddetti interventi sarà effettuata sulla base di mappe di povertà ad una scala territoriale pertinente. La selezione dei destinatari finali dovrà avvenire mediante procedure trasparenti e non discriminatorie sulla base della definizione di requisiti atti ad identificare i nuclei familiari (persone o famiglie) in condizione di maggiore bisogno, con riferimento alla condizione economica e ad altre condizioni di fragilità sociale (come accade, a titolo esemplificativo, per l’identificazione dei beneficiari del Sostegno per l’inclusione attiva). Gli interventi nel settore dell’edilizia abitativa sociale, in particolare per le comunità Rom, Sinti e Camminanti devono essere inclusi in piani di azione locale integrati che comprendano, inter alia, misure a sostegno dell’occupazione, dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria allo scopo di promuovere l’inclusione attiva. In questo contesto, il FSE potrà sostenere interventi di supporto all’abitare assistito, rivolti a categorie particolarmente fragili nell’ottica del pieno reinserimento sociale di tali persone, anche mediante il reinserimento lavorativo laddove opportuno. Il FSE potrà inoltre sostenere azioni preventive rispetto alla perdita dell’alloggio per persone e nuclei familiari in gravissima difficoltà socio-economica accertata, attraverso il sostegno, nelle forme del prestito o altro strumento finanziario, comunque non a fondo perduto, dei costi dell’abitare e di servizi volti ad aiutare le famiglie nella ricerca di soluzioni abitative a canoni sostenibili. 
    • supporto all’implementazione di un sistema informativo dei servizi e delle prestazioni sociali utilizzabile dalle Amministrazioni, in relazione alle rispettive competenze, ai fini gestionali, di programmazione, monitoraggio e valutazione delle politiche sociali.

Interventi meno rilevanti dal punto di vista della dimensione della popolazione coinvolta, ma urgenti dal punto di vista dei bisogni rappresentati, dovranno riguardare le comunità maggiormente emarginate e la popolazione in condizione di marginalità estrema. Con riferimento alle priorità di investimento FSE “integrazione socioeconomica delle comunità emarginate quali i rom” e FESR “Sostegno alla rigenerazione fisica ed economica delle comunità urbane e rurali sfavorite” si intende intervenire in particolari contesti urbani con riferimento ai seguenti obiettivi:

  • favorire l’accessibilità ai servizi da parte della popolazione Rom (con riferimento alle aree dell’istruzione, della salute, della partecipazione sociale e lavorativa, della condizione abitativa) in collegamento con la Strategia nazionale di integrazione dei rom. La logica è quella, suggerita nel Position Paper di contribuire alla rigenerazione fisica ed economica di comunità urbane e rurali degradate attraverso piani integrati;
    1. ridurre la marginalità estrema (senza dimora) sia potenziando la rete dei servizi per il pronto intervento sociale, sia sperimentando modelli di integrazione tra interventi infrastrutturali riguardanti le strutture abitative e socio sanitarie e misure di sostegno alle persone senza dimora nel percorso verso l’autonomia.

Nell’ambito del Fondo indigenti (FEAD) si prevedono ulteriori interventi volti al sostegno delle persone in condizione di grave deprivazione materiale. L’Italia ritiene importante intervenire a favore di questi gruppi sia con azioni di distribuzione materiale sia con specifiche azioni di inclusione sociale, mobilitando per quest’ultima finalità anche il FSE. Il Programma (FEAD) di distribuzione materiale riguarda prevalentemente le aree della povertà alimentare, della povertà educativa dei bambini e del sostegno emergenziale ai senza dimora. Le attività per la fornitura di prodotti alimentari e/o assistenza materiale di base sono complementari rispetto a quelle finanziate dal FSE nell’ambito di questo obiettivo, riguardando tipologie di spesa non ammissibili attraverso il FSE. La distribuzione di materiale scolastico riguarda gli stessi destinatari finali del sostegno per l’inclusione attiva, cui sono dedicati interventi nell’ambito del PON “Inclusione”, ma con riferimento ad interventi non finanziabili con il FSE, quale è la distribuzione di beni materiali. Nell’ambito del Programma FEAD viene inoltre finanziata la fornitura di cibo nelle scuole rivolta ai minori nelle zone particolarmente degradate. Per quanto riguarda le persone senza dimora, gli interventi di distribuzione materiale dovranno essere complementari ai progetti di rafforzamento dei servizi per il pronto intervento sociale eventualmente rivolti alla medesima utenza, finanziati dal FSE nell’ambito dei POR e del PON “Città metropolitane” e, eventualmente, del PON “Inclusione”. Le azioni complementari di inclusione sociale dovrebbero riguardare in particolare, oltre agli interventi più direttamente finalizzati all’inclusione lavorativa, quelli di accompagnamento e supporto alla genitorialità, nonché misure di rafforzamento delle competenze sociali e dell’autonomia personale per persone fortemente deprivate

Nell’ambito della politica di sviluppo rurale, un ruolo cruciale sarà assunto nei confronti delle aree rurali dalle misure riconducibili all’art. 20 del Reg. UE n. 1305/13 che saranno attivate nell’ambito dei Programmi regionali e dal CLLD, per la cui specificazione si rimanda alla sezione 3.1. A causa delle gravi carenze nei servizi di base delle aree rurali, in particolar modo delle aree C e D, come evidenziato nell’analisi di contesto (cfr. sezione 1.1), appare opportuno che, in aggiunta a quanto il FEASR sosterrà con le misure dedicate dell’art. 20 o con il CLLD, anche gli altri Fondi SIE e le politiche nazionali si facciano carico dei fabbisogni di servizi di base. Ciò avverrà attraverso specifiche appostazioni di risorse dei POR FESR e FSE. Nella scelta dell’ampia gamma di servizi di base e di piccole infrastrutture che il regolamento FEASR prevede, si farà in modo di conferire maggiore priorità a quelli concepiti in un’ottica di programmazione dal basso, in quanto formulati attraverso i Piani di sviluppo dei Comuni, i Piani di Azione Locale o ancora progetti di cooperazione secondo quanto disposto dall’articolo 35 del Reg. UE n.1305/13. Gli interventi per l’introduzione, il miglioramento o l’espansione dei servizi di base a livello locale per la popolazione rurale e le relative infrastrutture di piccola scala verranno privilegiati in quelle aree che risulteranno avere maggiori fabbisogni alla luce dell’analisi condotta a livello regionale nei singoli PSR.

Inoltre, potranno essere realizzati – anche in riferimento alla programmazione territoriale integrata e al tema dell’Agenda urbana (vedi sezione 3.1.3) – interventi di sviluppo locale realizzati dalla collettività e dal terzo settore, con riferimento all’obiettivo di favorire la legalità nelle aree ad alta esclusione sociale e migliorare il tessuto urbano nelle aree a basso tasso di legalità, riconoscendo nella legalità un fattore chiave di sviluppo sociale ed economico in particolari contesti territoriali (vedi sezione 1.1). Tali interventi potrebbero essere finanziati dal FSE e dal FESR con riferimento alle priorità di investimento “strategie di sviluppo locale partecipativo” e “sostegno alla rigenerazione fisica ed economica delle comunità urbane e rurali sfavorite”. In questo ambito, una particolare opportunità è offerta dall’utilizzo, a fini sociali e per il rafforzamento del senso collettivo delle comunità, del patrimonio confiscato alla criminalità organizzata. Le analisi disponibili e le esperienze realizzate, anche all’interno delle politiche di coesione, da un lato segnalano il perdurare del rilievo sociale e della forte potenziale capacità inclusiva di tali interventi, dall’altro ne hanno messo in luce le difficoltà tecnico-procedurali e suggeriscono quindi l’indispensabilità anche di azioni di sistema e di rafforzamento di capacità dirette alla molteplicità degli attori coinvolti[8].

Infine, in relazione al tema delle politiche di accoglienza e integrazione socio-economica per migranti e rifugiati[9], i Fondi strutturali (FESR e FSE) contribuiranno a sostenere il rafforzamento del sistema nazionale delle politiche di inclusione e di accoglienza – integrazione dei migranti, nel rispetto delle proprie capacità di intervento e delle traiettorie di evoluzione del sistema definite dalle responsabilità nazionali, promuovendo sinergie e complementarietà tra fonti di finanziamento (ivi incluse le risorse nazionali e quelle europee del FAMI) e tra attori coinvolti ai vari livelli di governo, nonché di collaborazione con i presìdi tecnici e di espressione del partenariato socio-economico che esprimono competenze e proposte in tale delicata materia. 

Accanto alle linee di azione già menzionate per modelli e interventi di inclusione attiva per i richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria e per i minori stranieri non accompagnati (MSNA), a prevalente impegno del FSE, che contribuirà, ove opportuno e compatibile con la missione del fondo, anche a progettazione specifica in relazione ai dispositivi previsti dalla legislazione nazionale dedicata ai MSNA[10], il FESR – nei limiti delle proprie capacità di intervento- contribuirà al rafforzamento strutturale del sistema nazionale di accoglienza e integrazione dei migranti con interventi: sia di adattamento, riqualificazione, ristrutturazione e allestimento complementare/funzionale di strutture pubbliche (e/o acquisite al patrimonio pubblico come i beni confiscati) che sono già o possono essere destinate all’accoglienza dei migranti, nelle modalità definite dalla normativa nazionale (con particolare riferimento al sistema dell’accoglienza integrata del sistema SPRAR296) e comunitaria, ovvero correlate a specifica progettazione territoriale; sia di rafforzamento di presìdi stabili o mobili per l’erogazione di servizi dedicati (amministrativi, di salute, socio-lavorativa); sia per il rafforzamento di strumentazione tecnica dedicata alla gestione, vigilanza e costruzione di dati utili per la migliore efficacia delle politiche di cornice e degli interventi sostenuti. In tale quadro, il FSE potrà contribuire anche al rafforzamento delle professionalità, competenze e erogazione di servizi multidimensionali connessi alla complessiva gestione e presa in carico delle persone migranti coinvolte nel sistema nazionale dell’accoglienza e integrazione dei migranti e della progettazione a base territoriale correlata.  

Nel rispetto dell’organizzazione nazionale e delle disposizioni legislative in tema di politiche di accoglienza e integrazione dei migranti, il contributo attivo dei Fondi SIE si accompagnerà alla promozione e definizione di sedi appropriate, dedicate e aperte, per la migliore condivisione strategica e costruzione progettuale tra gli attori coinvolti per materia, competenza e capacità di apporto, con particolare attenzione a considerare le responsabilità dei vari livelli di governo e loro espressioni istituzionali e associative, del partenariato socio-economico interessato e competente, e delle istanze e attori di altre strategie di sviluppo territoriale che mostrano sensibilità e volontà di collaborazione con il tema dell’accoglienza e integrazione dei migranti (tra cui vanno in particolare considerati quali partner significativi gli attori della Strategia Nazionale per le Aree Interne e delle Città Metropolitane).

Le azioni di rafforzamento della capacità istituzionale collegate a questo Obiettivo Tematico sono ricomprese nell’OT11.


[1] Fonte: Eurostat. 

[2] Fonte: Istat.

[3] Il Programma di sostegno per l’inclusione attiva è una misura sperimentale di lotta alla povertà che promuove l’inclusione sociale attiva: scolastica, lavorativa e sanitaria (Decreto Ministeriale del 10 gennaio 2013). La sperimentazione è cominciata con il coinvolgimento delle 12 città più grandi del Paese – Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona – durerà un anno e impegnerà un ammontare complessivo di risorse pari a 50 milioni di euro. Nel corso del 2014, la sperimentazione del Programma di sostegno verrà estesa all’intero territorio nazionale a valere su risorse nazionali. 287

 La misura si rivolge inoltre ai familiari di cittadino italiano o comunitario non avente la cittadinanza di uno Stato membro che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

[4] Si tratta inoltre di interventi in linea con la Raccomandazione specifica n. 4 “assicurare l’efficacia dei trasferimenti sociali, in particolare mirando meglio le prestazioni, specie per le famiglie a basso reddito con figli” (approvata dal Consiglio Europeo in data 28 giugno 2013), nonché con il richiamo del Position paper della Commissione a “fornire assistenza preventiva a bambini ed adolescenti appartenenti a gruppi vulnerabili per aiutarli, un domani, ad integrarsi nel mercato del lavoro. 289

 Secondo la legge 328 del 2000 gli enti locali sono chiamati ad implementare forme di aggregazione intercomunale (Ambiti Territoriali) e a promuovere forme unitarie di organizzazione e gestione dei servizi (piano di zona) attraverso accordi formali.  

[5] Si richiama al riguardo la ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governo: al Governo centrale spetta la definizione dei livelli essenziali; alle Amministrazioni regionali compete la potestà legislativa in materia delle politiche sociali; agli Ambiti territoriali spetta la gestione degli interventi.

[6] Con riferimento a tale obiettivo specifico non si è ritenuto necessario valutare la condizionalità ex ante relativa ad un quadro strategico per la sanità. La competenza in materia di sanità è, infatti, regionale e non sono stati previsti programmi nazionali che trattino il tema. La valutazione dell’applicabilità della condizionalità deve pertanto riguardare i Programmi Regionali interessati a questa tipologia di interventi. . 

[7] Gli interventi cofinanziati dal FESR non potranno pertanto riguardare la manutenzione (ordinaria o straordinaria) dell’edilizia residenziale pubblica già locata.

[8] Un’ampia trattazione del tema che include proposte è nel Rapporto della Commissione Garofoli per l’elaborazione di proposte in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità, istituita dal Presidente del Consiglio con decreto del 7 giugno 2013. Uno specifico studio diretto a formulare ipotesi di intervento e azioni standardizzate è stato realizzato nell’ambito delle attività di analisi e valutazione del PON Governance e AT – 20072013.

[9] Vedi in proposito il paragrafo dedicato a Acuirsi delle crisi migratorie e esigenze di accoglienza e integrazione nella sezione 1.1.3 – OT9 aggiornata in occasione dell’aggiustamento tecnico e della derivante programmazione di risorse addizionali nel quadro dell’Accordo di Partenariato. Si noti che anche il presente paragrafo in tema è stato integrato nella medesima circostanza, al fine di chiarire ulteriormente l’ambito di intervento dei fondi SIE.

[10] Cfr. Legge 7 aprile 2017, n. 47  Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati. 296 SPRAR: sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.